Nonostante Reggio Emilia non gli abbia dato i natali il Barone Raimondo Franchetti senior fu per molto tempo legato alla nostra città.

Raimondo Franchetti nacque a Livorno nel 1829 da Abramo e Allegra Franchetti. La famiglia Franchetti, ebrei, da secoli commercianti in varie attività, si era trasferita a Livorno da Tunisi. Attorno agli anni 20-30 dell’800 la famiglia Franchetti iniziò ad interessarsi anche di banche diventando fondatori e azionisti di una banca livornese. Si stima che fossero una delle famiglie più ricche, se non la più ricca, in Italia a quel tempo.

Abramo Franchetti, padre di Raimondo, nel 1857 si trasferisce a Torino dove inizia a collaborare con Cavour. Qui Vittorio Emanuele II re di Sardegna, il 17 ottobre 1858, gli conferisce il titolo nobiliare di barone con successione al primogenito maschio.

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Il matrimonio del Barone Franchetti

A Torino i Franchetti diventarono i rappresentanti nel Regno di Sardegna dei Rothschild, la più importante famiglia ebrea di Vienna, famiglia a contatto con la corte asburgica. I Rothschild erano i finanziatori delle reti ferroviarie piemontesi così i Franchetti iniziarono ad entrare in affari legati alla costruzione delle ferrovie.

Non a caso nel 1858 Raimondo Franchetti sposa a Vienna Sara Luisa Rothschild dalla quale avrà tre figli, Alberto, Giorgio ed Edoardo.

L’arrivo del barone Franchetti a Reggio Emilia

Nei 1878 il barone Raimondo Franchetti senior arriva sulle colline di Reggio Emilia per una battuta di caccia e si innamora di queste terre che considera particolarmente favorevoli all’allevamento. Fu così che decise di acquistare un’area di 3000 ettari di terreno tra i comuni di Viano, Vezzano e Albinea. Con un’imponente opera di dissodamento e scasso per la messa a coltura ad opera del barone, questa area boschiva e selvaggia con un’unica casa, Ca’ Cavazzoni, diventerà l’Azienda Agricola il Cavazzone.

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Il Cavazzone

Il Cavazzone divenne una tenuta modello come a Reggio Emilia non se ne erano mai viste. Franchetti sistemò le strade, costruì le case per i coloni e trasformò queste zone incolte in campi coltivati a foraggio, cereali e vite e promosse l’allevamento di bovini per la produzione del latte ispirandosi al modello delle moderne aziende agricole europee di fine Ottocento.

Il barone, che era solito viaggiare per curare personalmente le sue attività, conosceva bene quelli che erano i progressi in agricoltura in Europa e li applicò al Cavazzone rendendolo un’azienda agricola decisamente all’avanguardia. All’avanguardia anche nell’uso dei materiali da costruzione come ad esempio la ghisa, uno dei materiali nuovi del secondo Ottocento. Proprio di ghisa era ed è costruito il gazebo che si trovava nel parco di villa Franchetti e che oggi si trova al Cavazzone.

Il cuore dell’azienda agricola del Cavazzone era costituito da una corte, un insieme di edifici costruito attorno al corpo centrale preesistente, che nel suo periodo di massimo splendore alloggerà fino a 80 persone. La corte comprendeva gli alloggi per le maestranze (per lo più mezzadri), cantina, granaio, stalle, scuderie, caseificio e forno. Inoltre erano presenti il laboratorio del fabbro e dei falegnami, ghiacciaia e lavanderia. Un’azienda completamente autosufficiente.

Quest’opera, maestosa per quei tempi, richiese parecchi anni per la realizzazione. L’azienda agricola fu curata nel minimi particolari, dai paracarri ai cancelli ornamentali in stile liberty che furono fatti arrivare direttamente da Parigi.

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L’agriturismo Il Cavazzone. Credit: https://www.cavazzone.it/it/

Villa Franchetti a Reggio Emilia

Nel 1883 Raimondo Franchetti acquista a Reggio case di proprietà del conte Gherardo Malaguzzi situate tra la via Emilia Santo Stefano e l’odierna via P. Davoli. Tra il 1885 e il 1886 questo insieme di casupole e orti venne restaurato e trasformato in palazzo Franchetti, ricostruito di sana pianta da una squadra di circa 200 operai tra muratori e artigiani.

I giornali dell’epoca lo descrivono come uno dei primi palazzi a Reggio Emilia per lusso e fasto. Oltre al palazzo vengono edificati anche il parco Belvedere e la cavallerizza (l’attuale palestra di via Monte Pasubio). Proprio nel parco Belvedere si trovava il gazebo di ghisa che oggi si trova al Cavazzone.

La filantropia del barone Raimondo Franchetti

I salari dei braccianti e contadini del Cavazzone erano ben al di sopra della media dei salari reggiani ma potremmo dire anche dei salari italiani. La paga giornaliera si aggirava attorno a una lira e cinquanta, un salario quasi paragonabile a quello di un maestro elementare.

Per permettere ai suoi dipendenti di potersi recare al lavoro senza doversi preoccupare dei propri figli Raimondo Franchetti nel 1888 fece costruire un asilo adiacente alla sua tenuta nel quale veniva garantito un pasto caldo a tutti i bambini nonché un’istruzione. Tutte le spese di gestione erano a carico del barone. Accoglieva i bambini dei comuni di Viano, Albinea e Vezzano sul Crostolo.

Tre anni più tardi Franchetti farà costruire un altro asilo a Canali dove tra l’altro in barone non aveva nessun dipendente perciò nessun tornaconto personale. L’asilo di Canali sarà il primo asilo di Reggio Emilia. L’organizzazione era simile a quella del Cavazzone. Ma asili così verranno costruiti ovunque il barone possedesse proprietà. Questa è un po’ una caratteristica del mondo ebraico perché per gli ebrei l’educazione e l’istruzione dei bambini sono fondamentali.

La filantropia di Franchetti si manifesta senza distinzioni di classi sociali o di credo religioso. Opera che sarà poi portata avanti dalla moglie alla morte di Raimondo.

La filantropia nella creazione di posti di lavoro

Anche nella creazione di posti di lavoro Franchetti si distingue. La stampa sottolinea come ad esempio attorno al 1885-86 a dicembre ci fossero 160 braccianti che lavorano al Cavazzone quando solitamente in quel mese i lavoratori impegnati nei lavori agricoli erano disoccupati.

Lo stesso accade a Reggio dove Franchetti fa una giunzione al comune che utilizza i soldi del barone e di altri privati per finanziare l’abbattimento delle mura cittadine, operazione che venivano fatte solitamente in inverno quando i braccianti non avevano occupazione.

Franchetti utilizzerà la stessa grande quantità di manodopera per palazzo Franchetti a Reggio Emilia ristrutturato su un vecchio palazzo comprato nel 1885 e restaurato in solo un anno suscitando l’ammirazione della cronaca locale. Alla fine dei lavori il barone fece entrare operai e contadini a visitare la sua nuova abitazione che negli ultimi 20 anni della sua vita accoglierà Raimondo e in cui morirà il 30 ottobre del 1905.

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Le tracce lasciate dal barone Franchetti a Reggio Emilia

Franchetti fu senza dubbio uno degli uomini più significativi della storia reggiana. la sua prosperità gli valse un detto popolare. Quando un bambino del secolo scorso si rivolgeva ai genitori per chiedere pochi spiccioli non di rado si sentiva rispondere: “Non sei figlio del Barone Franchetti!” modo di dire tutt’ora in voga (“An t’ē mia fiōl dal Baròun Franchèti” in dialetto reggiano).